
Star Trek Captain’s Log – Simulated Salvation (parte 4)
Episodio 2
Simulated Salvation
Diario del Capitano – Supplemento – Data Astrale 202405.09 – Simulazione
Stiamo esplorando la nave sconosciuta. Dai nostri Tricoder non risultano segni vitali. Penso e temo che l’aiuto per questi sventurati sia arrivato troppo tardi. Ci resta da capire come mai non sia giunto nessun altro prima e soprattutto cosa possa aver causato, in una nave che non sembra aver subito alcun tipo di danno da arma, una richiesta di aiuto medico. Abbiamo trovato quella che riteniamo la plancia della nave aliena e Azalin ha scaricato i dati di bordo con l’intenzione di studiarne il contenuto con Uxgam. Date le dimensioni della nave simili alla nostra, stiamo cercando di trovare la stazione medica, dove pensiamo e speriamo di trovare ulteriori informazioni. Ci restano solo 2 ponti da controllare e nessuna segno vitale continua ad essere percepito. Il sistema vitale sembra funzionare correttamente, ma tutti gli altri sistemi sembrano solo essere stati messi al minimo di proposito e bloccati da password. Qualunque cosa sia successa ha dato loro del tempo per evacuare, lanciare un messaggio di aiuto e mettere la nave in una sorta di ibernazione forzata.
“Capitano!” esclamò Iwala con fare concitato
“Capitano!” Esclamo ancora una volta.
Erano all’ultimo ponte e ancora non avevano trovato l’infermeria della nave. Forse per questo avevano richiesto aiuto medico?
La nave, seppur aliena, condivideva alcune idee di progettazione simili a quelle della Federazione e per quello che avevo visto, conveniva con Uxgam che probabilmente si trattava di una specie umanoide.
Laurem, quando non impegnato a litigare con le sub routine di linguaggio del computer, stava cercando di capirne i sistemi di propulsione che sembravano molto diversi da quelli comunemente usati dalla Federazione dalla sua console in base ai video che venivano trasmessi tramite 3 ufficiali della sicurezza olografici che li seguivano da quando era stata inizializzata quella simulazione.
“Capitano!”
Questa volta erano entrambe le voci di Azalin e Iwala rispettivamente a risvegliarlo dai suoi pensieri.
“Ci sono segnali vitali appena percettibili più avanti! Probabilmente alla fine del corridoio” Iwala finì la frase.
Meglio essere accorti pensò.
“Sicurezza” disse.
I 3 ologrammi si mossero rispettando alla lettera le regole di ingaggio previste, avvicinandosi alla doppia porta in fondo al corridoio cercando di tenere ogni angolo visivo sotto controllo limitando l’eventuale presenza di punti ciechi.
Le sue due compagne li seguivano dappresso con la stessa attenzione insieme a lui e i phasers pronti su stordimento.
Raggiunta la porta e messi posizione ordinò senza indugio: “Aprite la porta!”
Sembrarono metterci un’eternità, ma alla fine riuscirono a trovare il codice di accesso fatto di 5 simboli.
Davanti a lui apparve l’immagine di quella che poteva sembrare un’infermeria.
A parte le attrezzature o quei strani macchinari che tali potevano sembrare ad un occhio umano, l’unica presenza utile sembrava essere una grande console dove erano visualizzati dati in un colore grigio indecifrabili e inseriti all’interno di un contorno di colore verde-azzurro che ad una più attenta visione poteva forse ricordare una figura umanoide.
Il computer o qualunque cosa fosse, stava funzionando senza alcun dubbio e i dati continuavano a cambiare e modificarsi in modo imprevedibile.
“Azalin prova a vedere se ci capici qualcosa e prova a scaricare dei dati”
Un’altra porta davanti a loro stava attirando la sua attenzione.
Osservò il tricorder e non potevano esserci dubbi. Aldilà della parete vi erano almeno un centinaio di segni vitali. Deboli, molto deboli, ma sicuramente presenti.
Questa volta non aspettò la sicurezza dirigendosi con passo deciso verso il nuovo obiettivo e utilizzando lo stesso codice della porta dell’infermeria.
Di certo non si sarebbe immaginato di trovarsi davanti a così tante capsule che contenevano corpi, disposte anche sulle pareti ad arco della stanza.
Le luci si accesero improvvisamente rendendo l’ambiente meno buio rischiarando tutta la stanza.
I Tricorder segnalarono un cambio di qualità dell’aria tale da poter far togliere i respiratori portatili che stavano portando.
Gli esami effettuati appena saliti a bordo avevano evidenziato un’aria costituita, per la maggior parte, di metano.
Certo non il tipo di aria favorevole ai membri della spedizione costringendoli ad indossare i respiratori portatili.
“Caspita!” Sentì la voce di Uxgam gracchiare dal comunicatore.
“Sembrano capsule di stasi criogenica direi capitano o almeno credo” intervenne Laurem “non ne ho mai vista una dal vivo in vito mia e anche nella Federazione non ne esistono molte ancora. Forse nei musei?” Concluse più con una domanda fatta a sé stesso che un’affermazione convinta.
“Capitano sto mandando i dati recuperati dalla console alla Vespucci e…”
Azalin era ferma sulla porta con la bocca spòlancato Iwala subito dietro con il phaser puntato all interno della stanza ed un’espressione confusa.
Max si avvicinò alla prima capsula criogenica.
Non era in grado di vedere al suo interno, ma quello che poteva notare dalla sua posizione erano delle luce sul lato a sinistra che dall’ingresso della stanza non erano visibili.
La forma era simile a quella di un antico sarcofago egizio o almeno gli sembrava di ricordare dai testi che aveva studiato nel periodo scolastico.
Non vi erano altri segni di alcun tipo.
Senza pensarci ne toccò la superficie liscia e completamente opaca.
Apparvero degli strani simboli e delle scritte che erano simili a quelle dell’infermeria.
La superficie opaca si dissolse davanti ai suoi occhi come anelli d’acqua formatisi in uno stagno con lo sprofondare dalla caduta di un sasso.
Le lucine laterali iniziarono a lampeggiare con un verde brillante mentre l’interno si illuminava di una fioca luce bluastra.
La figura che apparve al suo interno era chiaramente un’entità aliena dalla conformazione e dai tratti sconosciuti.
Una parte di lui ne fu affascinata. Quei grandi e rotondi pannelli auricolari con un disegno a spirale e un volto che non aveva bocca, ma qualcosa di simile a una spirotromba riconducibile a quella delle farfalle.
La colorazione della pelle assomigliava ad un carta da zucchero molto lieve, ma non era sicuro se non fosse influenzata dalla tonalità della luce interna.
“Capitano il computer sta elaborando le scritte in base allo schema fornito da Uxgam e Azalin, non procederei a toccare ulteriormente la struttura di supporto vitale criogenica” intervenne Zuebe.
“Ancora non sappiamo quale sia l’entità dell’emergenza medica e quindi contro cosa abbiamo a che fare e sopratutto se abbiamo o meno la conoscenza per debelleare un eventuale virus alieno”.
“Propenderei certamente per quanto suggerito. Tuttavia” intervenne Uxgam “ sarei propenso a richiedere di portare una delle capsule a bordo con l’aiuto di qualche ingegnere e tecnico scientifico. Potremmo studiarne la tecnologia…”
“Ne prendo atto Uxgam” lo interruppe “Ma non penso sia la strada da percorrere in questo momento senza aver un quadro diagnostico più preciso come suggerito da Zuebe”
“Posso però autorizzare” disse per mitigare l’espressione delusa sul volto del Denobulano che si stava immaginando in quel momento, “uno studio sul campo.”
“Scegli tre elementi e teletrasportali vicino alla nostra posizione”
“Con piacere” rispose Uxgam.
Tre ologrammi apparvero in infermeria. Tre uniformi di diverso colore apparvero nel locale infermeria a pochi passi da lui. Un medico, un ingegnere ed un scienziato.
“Avvisatemi quando saprete qualcosa di più. Qui non possiamo fare molto per ora. Tornerò a controllare la plancia di questa nave. Vi rimando i 3 membri della sicurezza” disse “Non credo ce ne sia ancora bisogno”.
I 3 ologrammi della sicurezza sparirono dalla simulazione.
“Iwala e Azalin torniamo alla plancia e vediamo se intanto riusciamo a carpire qualche informazione da loro computer di bordo” e imboccò il corridoio da cui erano arrivati.
Non erano ancora arrivati a metà del corridoio che il suo comunicatore vibrò di nuovo.
“Capitano abbiamo un problema” disse Zuebe
“Che sarebbe?”
“Emergenza medica a bordo della Vespucci”.
“Al ritorno degli ologrammi della sicurezza, al controllo di routine, siamo stari avvisati di un virus di origine sconosciuta presente all’interno di tutti e 3 i membri” il suo tono acuto tradiva una certa agitazione.
“Non è qualcosa di conosciuto e stiamo già cercando di trovare una possibile cura.”
“Molto bene.” Commentò Max.
“Come da protocollo se non fosse che abbiamo già altri casi nell’equipaggio e i 3 portatori sono già in condizioni gravissime.”
“Stai cercando di dirmi cosa?”
“Il contagio si sta propagando velocemente e l’infermeria è ancora in fase di recupero da quanto successo poco tempo fa. Abbiamo un’autentica pandemia a bordo e non penso di riuscire a fermarla in breve tempo.”
Non aveva idea di come affrontare questo problema inaspettato.
Un virus sconosciuto sulla Vespucci non era certo quello che avrebbe pensato di trovare alla prima missione simulata, ma in fondo era già andati ben oltre il compito che avrebbero dovuto eseguire.
Questo era quello che avrebbero dovuto affrontare e allora lo avrebbero affrontato.
lui era il capitano di questo equipaggio e a lui spettavano le scelte e le eventuali responsabilità.
Oneri ed onori avrebbe detto suo padre.
Suo il compito di portare questo equipaggio a concludere la missione nei migliori dei modi e ad ottenere un buon voto , un buon punteggio o quello che sarebbe stato.
Nessuno dei suoi compagni avrebbe mai dovuto sospettare che lui potesse aver incertezze o anche solo pensare che fosse attanagliato da dubbi su come agire.
Agire, questa era la parola chiave su cui fare leva sulla sua mente in questo momento.
L’unica nota positiva che non poneva limiti a questa direzione di pensiero era comprendere che, in fondo, tutta questa era e rimaneva una simulazione d’addestramento.
“Quarantena negli alloggi allora. Equipaggio al minimo indispensabile. I membri su questa nave si chiuderanno in plancia e in infermeria”.
“Zuebe attiviamo tutti i protocolli necessari. Mi auguro tu possa trovare una cura rapidamente e sono certo che ci riuscirai. Mandare un messaggio di richiesta di aiuto alla Federazione”
“Iwala ed Azalin proseguiamo fino alla plancia” ordinò.
Le ore successive portarono buone notizie.
Max non poteva valutare se la scelta di indurre un protocollo da quarantena fosse stata la scelta giusta perchè nei costanti aggiornamenti con Zuebe il numero saliva sempre e ormai metà dell’equipaggio risultava infettato.
La ricerca di una cura che potesse quantomeno fermare il contagio non sembrava vicina. Qualsiasi tentativo elaborato con l’aiuto di Hubert, come ormai quasi tutti i membri dell’equipaggio si erano abituati a chiamare il computer di bordo, non aveva portato a nessuna conclusione positiva.
Cominciava a chiedersi anche se, alla fine, loro fossero i soccorritori o delle altre vittime del virus.
Diverso il discorso per quanto riguardava la lingua dei loro ospiti.
Azalin e Hubert erano convinti di aver capito e decifrato circa il 70% dei vocaboli.
Sulla costruzione delle frasi vi erano ancora delle parti oscure soprattutto dove alcune parole sembravano aver una valenza diversa tra sostantivo, verbo o aggettivo.
Avevano compreso, senza averne certezza assoluta tuttavia, che si auto definivano Pozog’Upogo o Eletti nella loro lingua madre.
Con l’aiuto di Uxgam e Zuebe erano arrivati a stabilire che erano forme di vita che provenivano da ambienti ricchi di metano come l’unico pianeta di questo sistema solare.
Erano però abbastanza certi che il pianeta d’origine non fosse quello a portata di sensori.
Questo apriva altre porte a congetture più o meno fantasiose che forse avrebbero ricevuto risposta più avanti, a mano a mano che la loro lingua veniva compresa e tradotta.
Da dove venivano?
Perchè e da quanto si trovavano lì?
Sarebbero stati amichevoli?
Quale era il significato dei detriti delle capsule di salvataggio?
Laurem, invece, tra un’imprecazione e l’altra, aveva rinunciato a cercare di correggere il nuovo accento del computer di bordo e stava analizzando i dati che arrivavano dagli ologrammi in infermeria sulle capsule di conservazione criogenica oltre a quelli che Max e le sue due compagne mandavano dalla plancia.
Il sistema di propulsione non usava dilitio, ma dagli schemi sembrava utilizzare un sistema a base di una sostanza molto più volatile e simile al plasma.
L’armamento di base era, invece, a base di energia simile ai phasers, mentre i condotti per i siluri davano l’idea che potessero utilizzare energia, questa volta sì, al plasma.
Secondo le ipotesi di Uxgam non erano una razza aliena particolarmente evoluta, quantomeno non quanto quelle appartenenti alla Federazione.
Davano l’idea di aver una tecnologia che il Denobulano definì: un gruppo di pezzi presi in prestito da fonti tecnologiche diverse e uniti insieme.
Aggiunse alla fine che, comunque, il tutto era stato fatto con una certa maestria e anche Laurem ne convenne e disse che, probabilmente, non era certo una nave da guerra quella che si trovavano davanti.
°Max…” Azalin lo chiamò
Lei ed Iwala erano chine su quella che sembrava una console.
“È apparso un puntino ai bordi di questo schermo…che sia una nave?”
“Mi duole informarvi che i nostri sensori non sono ancora completamente funzionanti, così come altri sistemi. Non ho segnali”. Disse Uxgam.
“Sarà dei nostri? Da qui non posso capirlo.” disse Iwala
“Dubito. Abbiamo mandato comunicazione di aiuto da poche ore e non abbiamo ricevuto ancora nessuna risposta” rispose il Denobulano. “E devo anche aggiungere che non siamo riusciti a triangolare la nostra posizione con precisione”
“O forse piccolo amico crestato siamo davvero finiti in una parte di spazio ancora inexplorèe” intervenne il computer di bordo con il suo ormai inconfondibile accento francese.
“Si sta avvicinando abbastanza velocemente” disse Iwala
“Adesso la vedo Capitano. Dalle letture dei sensori non posso stabilire con precisione se sia una nave da guerra, ma sembra piccola. Non posso valutare il sistema di propulsione o gli armamenti. Il computer non ha dati sufficienti” il Sulibano aveva preso la parola anticipando il vicino Denobulano.
“Alzare gli scudi alla massima potenza, ma mantenere l’allarme giallo!”
“Aprire le comunicazioni e passarle alla plancia di questa nave”
“Azalin prova a contattare i nostri ospiti”
Emanò questi ordini uno dietro l’altro senza quasi prendere fiato.
“Qui è la USS Vespucci della Federazione Unita dei Pianeti” disse la Risiana “stiamo effettuando una missione di soccorso siete pregati di identificarvi”.
Solo silenzio spezzato da un lieve crepitio.
Azalin riprovò ancora due volte con lo stesso messaggio.
“Signore non rispondono” disse con aria allarmata e rassegnata.
“Forse non comprendono il messaggio. In fondo anche noi non abbiamo saputo tradurre il linguaggio degli Eletti fino a poco fa e con ancora delle aree oscure” le rispose Max sorridendo.
“Cerchiamo di esser ottimisti” concluse.
“Capitano la nave sta rallentando il suo avvicinamento” disse Laurem.
“Non vedo ancora energia data alle armi” aggiunse Uxgam.
“Capitano mi rincresce informarla che la situazione medica sta inesorabilmente arrivando ad un punto di non ritorno. Abbiamo adibito alcune camerate nei ponti inferiori a reparti di quarantena” intervenne Zuebe. “Tra poco l’intero equipaggio sarà ufficialmente contagiato dal virus”.
“Quasi ci sarebbe da augurarsi di finire la simulazione con la morte per virus alieno piuttosto che sconfitti senza poter provare a difendersi” commentò Iwala.
In entrambi i casi si sarebbe comunque trattata di una sconfitta.
Non era pronto ad accettarla. Non alla prima missione. Anche se una missione non prevista e completamente casuale.
“Nave Vespucci?”
“Qui è la Giobiw dell’Alleanza Zitark. Per favore ripetete il motivo della vostra presenza in questo settore”.
“Sono il Capitano Mariani Keats della USS Vespucci della Federazione. Siamo qui perché abbiamo risposto ad una richiesta di soccorso inviata da questa nave”
“Capitano si sono fermati. Non vedo energia alle armi o ad eventuali sistemi di attacco” disse Uxgam.
“Nave Vespucci della Federazione siamo qui in soccorso della Wuduov vi preghiamo di lasciarci passare per prestar le cure necessarie ai nostri Atpogin’Evu. Attendono ormai da fin troppo tempo”.
Ai nostri Atpogin’Evo?
Davvero avevano sbagliato di così tanto la traduzione con l’aiuto di Hubert?
Si maledì sottovoce per aver chiamato il computer con un nome.
“Ah, mon capitain, sembra che usino una lingua molto ricca di analogie, allegorie. “commentò Hubert come se potesse percepire i suoi pensieri “Una semantica complessa senza dubbio”.
“Laurem vorrei poterli vedere in faccia se possibile quando parlo”.
“Ancora un attimo, ha quasi finito”.
“Capitano…”
Iwala stava indicando la porta d’ingresso della plancia.
Tre figure in quella che poteva essere una tuta spaziale stavano entrando con in mano quelle che potevano essere delle armi.
“Capitano Mariani Keats della nave Vespucci della Federazione i nostri medici sono saliti a bordo della Wuduov per procedere alle cure dei soggetti in stasi.”
Max alzò le mani.
Azalin ed Iwala lo imitarono.
“Capitano a Vespucci richiamate le squadre.”
“Vespucci? Uxgam? Laurem?” chiamò ancora.
“Capitano abbiamo ospiti imprevisti. Sono arrivati e sono entrati in infermeria, se escludiamo un paio di loro che sono rimasti qui in plancia a farci compagnia” la voce del Denobulano era calma.
“Capitano sono Zuebe. I nostri nuovi amici hanno preso il controllo della mia console e stanno procedendo a iniettare qualcosa a tutto l’equipaggio”. “Trovo la cosa molto irritante” continuò “soprattutto perché qualunque cosa sia sta funzionando e posso dire che…”
Il buio arrivò e si accesero le luci di servizio prima e poi quelle generali.
Tutto era scomparso.
Max sorrise a Iwala e Azalin mentre la porta si apriva e Laurem con Uxgam, che sosteneva Zuebe, entravano con un’espressione stanca e confusa.
Il sibilo della porta del simulatore che si apriva fu il segnale certo che, comunque fosse andata, i loro sforzi, per questa volta, erano giunti al termine.
Non restava che uscire tutti.
L’espressione preoccupata dell’ufficiale Tellerita fu la prima cosa che videro appena usciti.
Ufficiali medici accorsero ad esaminare con i loro tricorder tutti loro e Zuebe fu subito presa e portata via.
Max la vide salutarli con un grande sorriso ed ampi gesti di saluto con la mano.
Anche gli altri compagni avevano un’aria di sollevata allegria e la esprimevano con strette di mano e abbracci.
“Ebura sei stato bravo” disse Azalin dandogli un bacio sulla guancia e poi cominciò a rincorrere i medici che stavano portando in infermeria la Trill.
Un gruppo di ingegneri stava invece cercando di recuperare il registro di missione per darlo da analizzare in valutazione agli ufficiali. Max si chiese che cosa ne avrebbero pensato.
Un altro gruppo stava invece cercando di recuperare la scheda madre e la memoria fisica del gruppo di simulatori per provare a capire le cause del guasto.
Poi si accorse che il tenente Tellarita lo stava guardando.
“Cadetto non dimentica qualcosa?”
Con un cenno di assenso si girò verso il simulatore e con un lieve gesto della mano sul sensore fece chiudere la porta del simulatore. Con quel semplice gesto chiudeva ufficialmente la missione 745/A.
Da dentro la sala oleografica gli parve di sentire una voce conosciuta:”Au revoir mon capitaine. Lieto di aver partecipato alla vostra prima missione”.
Diaro del cadetto 197514.07 – Data Astrale 202405.09 – Conclusione
È stata una giornata strana. Doveva essere una semplice missione di routine e noiosa, ma si è rivelata, invece, qualcosa di completamente imprevisto ed emozionante. Arrivato all’alloggio ho subito espresso la mia valutazione su tutti i membri del mio equipaggio. Non ho lamentele. Forse Laurem non è stato sempre all’altezza ed è per questo che ha avuto la valutazione più bassa che resta, comunque, ampiamente positiva. Ha retto bene lo stress di una nave quasi completamente distrutta e l’ha rimessa in moto velocemente. Aldilà del mistero su come possa essere accaduto che il simulatore si guastasse, anche se non penso che guasti meccanici siano prevedibili con certezza, sono più intrigato dal nostro computer di bordo. Soprattutto per il fatto che non si sia stati in grado di ripristinarlo ai valori di default ed abbia mostrato una sorte di “coscienza” propria. Non ne ho fatta menzione nel mio rapporto e non credo lo abbiano fatto gli altri. Resta un mistero su cui vorrei poter indagare in futuro ammesso che non appaia nei registri di missione. Per la valutazione della nostra missione dovremo aspettare ancora qualche giorno e non vedo l’ora di poter rimetter piede nel simulatore tra un paio di settimane. Lo spazio fa paura. Essere soli lì fuori non deve essere semplice: pericoli ed imprevisti di ogni tipo possono essere fatali. Una mia scelta non corretta e non meditata in tutte le sue sfaccettature potrebbe portare alla morte di tutte le persone sotto il mio comando. Eppure è così incredibile ed eccitante. Sono certo di non aver sempre seguito le regole della Federazione, ma la domanda che mi pongo è se sia sempre possibile attenersi alle regole o se si debba piegarle alla situazione. Sono certo che grandi capitani e ufficiali più esperti di me possano avere la risposta a questo quesito di fondo. Forse un giorno lo scoprirò.
au revoir mon capitaine